lunedì 23 settembre 2013


Giochi de le Porte. A Gualdo Tadino (PG). Tra sciamanesimo e tribalità boscaiola
Ricordo i primi anni dei giochi. Non si pensava minimamente alla questione della sicurezza perché tutti eravamo affascinati dalla novità del divertimento. Poi iniziò, così per scherzo la partita di mezzanotte ed un anno ci furono atti di devastazione allucinanti. Ricordo che in piazza dal gran numero di bottiglie rotte contro il muro del comune e contro le finestre, in terra rimase a partire dalla chiesa di San Francesco fino alla curva di San Benedetto uno strato omogeneo di vetri rotti e tritati, di tre dita d'altezza. Uno o due motorini vennero scaraventati e bruciati dalle tribune e delle panche di legno bruciate con un grande falò. Il Bronx a confronto, apparve ai gualdesi come un collegio svizzero. Per concludere in bellezza degli spettatori di fuori città vennero malmenati furiosamente con tanto di schiaffi terribili sulle schiene nude sotto gli sguardi soddisfatti dei presenti che in preda ad un delirio incontenibile incitavano gli autori alla prosecuzione degli atti sanguinari. Questo sono i giochi. La liberazione delle energie latenti, la manifestazione del lato oscuro, l'antica ferocia di una popolazione boschiva che trabocca dal bacino causale dell'inconscio collettivo. Prima l'ossequio scrupoloso della ritualità vestita di storia e tradizione, poi la trasgressione assoluta, dopo un passaggio intermedio nel breve regno dell'equilibrio fatto di sobrietà, gioia, ilarità e socievolezza. E' un po come vedere tutta la città che per gioco prima si differenzia in quattro spicchi di una torta multicolore guarnita di crema cioccolato e liquori per poi scrutarsi con curiosità mista ad una punta di diffidenza ed infine si scontra tra schizzi policromi di gelatine dolciastre speziate ed alcoliche. Chi è fuori da questa suggestione reciproca e totalizzante non può e non deve capire e per questo a volte dopo l'immancabile detumescenza collettiva e tribale viene visto come un'estraneo in un talamo cittadino pieno di segni di demarcazione territoriale che apparentemente sono sporcizia, ma per chi sa decodificarli assumono il valore di un inizio di un prosieguo o di una fine di qualche importante storia d'affetto d'amicizia o d'amore. Questo sono i Giochi. Una divertente finzione orgiastica per chi li osserva da estraneo; un'appassionante verità che segna profondamente la vita di chi vi partecipa anche solo intraprendendo con predisposizione sciamanica il rito della bevuta di un semplice bicchiere di vino. Perché durante i giochi si può verificare che chi beve molto non provi nulla in realtà, mentre chi beve simbolicamente un goccio di vino si trovi proiettato in un mondo di cui non avrebbe mai immaginato l'esistenza. Amare questo divertimento equivale ad amare la città. Cosa può dunque succedere a chi ama davvero? Ecco dove trovare  la vera sicurezza per questa manifestazione. Si deve amarla ed allora potremo fare ciò che vogliamo e non ci accadrà nulla. Purché si tratti di vero amore. Questa è la condizione conclusiva e sicuramente più difficile da realizzare.

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